Il monocameralismo
Professori e scarsa dottrina

Il professor Ceccanti, rispolverando un ormai lontano disegno di legge, presentato insieme ad altri, dal professor Rodotà per l’abolizione del Senato, è stato un bel birichino. Abbiamo visto poi spiegare diffusamente che una cosa era proporre il monocameralismo nel 1985, quando c’erano le preferenze ed il proporzionale, una ben diversa proporlo ora con il maggioritario. E siamo d’accordo: caspita se ci sono le differenze! Ma non se ne abbia il professor Rodotà se con il suo disegno di legge, egli comunque si inscrive per lo meno come un precursore del monocameralismo proposto da Renzi e pure ritenendolo propedeutico addirittura alla dittatura. La legge elettorale non è materia costituzionale e nel momento nel quale si introduce una variazione così significativa come l’abolizione di una Camera, come fai a sapere quali saranno gli sviluppi futuri a una modifica di questa portata? Modifichi un tassello dell’impianto e viene giù tutto. Hai abolito il bicameralismo, il resto si discute. Sarebbe stato più semplice sostenere che dal 1985 ad oggi il professor Rodotà avesse avuto modo di cambiare idea, cosa legittima, ci mancherebbe. E invece ha sostenuto un argomento che ancora potrebbe giovare a Renzi, quale quello di voler rafforzare il Parlamento, abolendo il Senato. A tutti gli effetti, senza il contraltare del Senato, è ovvio che la Camera si rafforza nelle sue decisioni e questo persino indipendentemente dalla legge elettorale con cui è stata votata. Rodotà riteneva il Senato pleonastico allora, figurarsi oggi. Oppure non c’era proprio una valutazione del profilo costituzionale da parte del professor Rodotà, né allora né oggi, c’era semplicemente una mossa politica. Sovversiva, se vogliamo, nel 1985, quando tutto era ingessato: abolire il Senato, ma figurarsi! Conservativa oggi, quando sembra che tutto sia prossimo a disfarsi. Se stessimo a una logica politica dettata da pesi e contrappesi, diremmo che anche questi servono in democrazia e difenderemmo Rodotà volentieri. Purtroppo non si vede tale logica. Altrimenti Rodotà avrebbe detto si all’abolizione del Senato e proposto un ritorno al proporzionale con preferenze, ricordando la sua proposta di allora. Evidentemente non ha nessuna intenzione di apparire un precursore e si vuole scontrare con Renzi su un disegno di riforma costituzionale che non gli piace. E’ pienamente suo diritto, ci mancherebbe. Solo che la dittatura non dipende da una riforma di sistema pienamente compatibile con le altre democrazie europee. L’Italia aveva una costituzione complessa dal punto di vista del potere per via dell’esperienza di vent’anni di dittatura vera, non immaginaria. Sessant’anni di bicameralismo perfetto hanno posto un’istanza completamente diversa: semplificazione dei tempi e decisioni prese. C’è un rischio autoritario? Si certo, il rischio autoritario si può presentare in qualsiasi momento di crisi della vita pubblica, senza preoccuparsi troppo di quali istituzioni vi siano. L’autoritarismo non viene posto dalle istituzioni, ma sa piegare a sé le istituzioni. Per questo è autoritarismo. Quanta poca dottrina nei nostri professori. Purtroppo si vede che più che riflettere e studiare sono stati inclini allo spirito di fazione. Gli effetti si vedono.

Roma, 3 aprile 2014